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Dalla frammentazione alla convergenza: nuove rotte per le politiche attive del lavoro

di Giulia Calvaruso
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Le giornate del Prologo del Net Forum, tenutesi a Capri, si sono chiuse con un forte invito al cambiamento. Un invito che parte dalla consapevolezza che il modello attuale di politiche attive del lavoro è inadeguato rispetto alle sfide del presente. Un confronto, quello tra Ministero, Regioni e Fondi interprofessionali, che ha aperto spazi di dialogo inediti, orientati a generare una visione comune e integrata.

A raccogliere questo stimolo, e a rilanciarlo con forza, è Natale Forlani, presidente dell’INAPP – Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche, intervistato da Antonello Calvaruso, direttore scientifico di S3.Studium e del Net Forum, nell’ambito del laboratorio permanente sulle politiche attive.

Tre fattori chiave per il cambiamento

Per Forlani, la riforma non è più rimandabile. «Tre – spiega – sono gli elementi che rendono urgente la trasformazione del nostro sistema di politiche attive»:

L’inadeguatezza del modello attuale: il sistema vigente non è più in grado di gestire l’accelerazione delle dinamiche sociali, tecnologiche e formative. Serve una maggiore personalizzazione dell’offerta, capace di accompagnare l’evoluzione dei bisogni di individui e imprese.

La necessità di una governance integrata: la formazione del capitale umano passa da una regia condivisa tra scuola, università, enti formativi, imprese e istituzioni. Un’urgenza, specie in un contesto demografico invecchiato, dove le transizioni lavorative coinvolgono sempre più i lavoratori senior.

L’evidente squilibrio tra domanda e offerta di lavoro: le imprese faticano a trovare i profili giusti. Le politiche attive devono diventare leve strategiche per colmare queste asimmetrie.

Quattro dimensioni per ripensare la riforma

Nel confronto, Forlani articola la sua visione attorno a quattro assi strategici:

Completare la governance istituzionale: il punto più fragile del sistema. Serve una cabina di regia stabile e interconnessa, in grado di valorizzare e diffondere l’innovazione tecnologica, anche in chiave inclusiva.

Coinvolgere nuovi attori funzionali: le imprese vivono oggi transizioni rapide e complesse. Occorrono soggetti in grado di leggere i fabbisogni, orientarli e tradurli in percorsi formativi mirati. L’intelligenza artificiale sarà decisiva, ma dovrà essere guidata da un’etica sociale condivisa.

Ridefinire il concetto di formazione: non più un ciclo finito, ma un processo continuo, ibrido e accessibile. La formazione deve intercettare anche le competenze trasversali, sviluppando soft skills come creatività, capacità relazionale e adattabilità.

Mettere in circolo le informazioni: affinché le misure siano realmente efficaci, è necessario un sistema informativo condiviso, che orienti gli interventi, eviti sovrapposizioni e moltiplichi l’impatto.

Verso una nuova intelligenza sociale

Il punto di approdo della riflessione è la sostenibilità dell’Intelligenza Artificiale, che Forlani declina come alleata dell’intelligenza sociale. «L’IA – sottolinea – può aiutarci a restare umani. Ma per farlo, dobbiamo formare persone competenti non solo sul piano tecnico, ma anche etico e relazionale».

Non è solo una questione di strumenti, ma di visione. Di un modello democratico e sostenibile che ricomponga le fratture del presente, costruendo un’alleanza nuova tra pubblico e privato, libertà individuale e responsabilità collettiva.

L’intervista integrale di Natale Forlani, presidente INAPP è un viaggio lucido e appassionato nei nodi cruciali delle politiche attive del lavoro e nelle sfide future dell’intelligenza sociale.

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