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Carmine Cossai: «Dobbiamo sempre partire dai bisogni reali di aziende e lavoratori»

di Giulia Calvaruso
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Cinquantadue anni, nato a Napoli – «Città che mi ha insegnato fin da subito l’importanza delle relazioni, della comunicazione e dell’adattabilità: valori che porto con me anche nel mio lavoro quotidiano», dice – Carmine Cossai è uno dei tre soci (gli altri sono Raffaellina e Nicola Metodo) di CAM Consulting srl.

Ha sempre lavorato nel mondo della formazione?

«Sì, la mia esperienza professionale è sempre stata legata al mondo della formazione e della consulenza. È un settore che mi ha attratto fin dall’inizio per la sua capacità di incidere concretamente sulla crescita delle persone e delle organizzazioni».

Perché ha scelto di dedicarsi a quest’attività e come è nata la sua società?

«Ho sempre avuto una forte inclinazione verso l’ascolto e l’interazione con le persone ed è proprio questo che mi ha avvicinato al mondo della formazione e della consulenza aziendale. La mia società è nata da un incontro significativo con due professionisti esperti in consulenza del lavoro e fiscale. Condividevamo una visione comune: mettere le competenze al centro dello sviluppo d’impresa e creare un modello di accompagnamento davvero utile e personalizzato per le aziende».

Quali sono le caratteristiche che deve avere un percorso formativo per essere efficace?

«Deve partire dall’ascolto dei bisogni reali delle aziende e dei lavoratori. Non può essere standardizzato, ma deve essere progettato su misura, con contenuti attuali, strumenti pratici e un approccio esperienziale. Inoltre, deve stimolare la partecipazione attiva, promuovere il confronto e accompagnare il cambiamento, non solo a livello tecnico ma anche culturale».

Quali qualità deve possedere un buon formatore?

«Un formatore efficace è prima di tutto una persona capace di ascoltare. Deve padroneggiare i contenuti, ma soprattutto saperli trasmettere in modo chiaro, coinvolgente e adattabile ai diversi contesti. La curiosità, la passione per l’apprendimento continuo, l’empatia e la capacità di creare connessioni autentiche con i partecipanti sono tratti distintivi di chi fa davvero la differenza in aula, fisica o virtuale che sia».

In che modo le istituzioni, locali o nazionali, potrebbero migliorare il proprio sostegno alla formazione?

«Le istituzioni potrebbero fare molto di più per semplificare i processi, snellire la burocrazia e garantire una maggiore continuità nei finanziamenti. Ma soprattutto, serve una visione strategica a lungo termine che riconosca la formazione come leva per l’innovazione, la competitività e l’inclusione sociale. È fondamentale investire nella promozione della cultura dell’apprendimento permanente e favorire reti territoriali stabili tra imprese, enti formativi e pubblica amministrazione».

Ci si può formare a tutte le età?

«Ci si può e ci si deve formare a tutte le età. Il concetto di formazione continua non è più un’opzione, ma una necessità. In un mondo del lavoro in costante evoluzione, aggiornare e potenziare le proprie competenze è l’unico modo per restare protagonisti del proprio percorso professionale, indipendentemente dall’età».

Nel corso della sua attività ha vissuto episodi particolari che l’hanno colpita in modo significativo?

«Nel mio lavoro ho avuto la fortuna di incontrare tante persone e tante storie. Una in particolare mi ha colpito: un lavoratore vicino alla pensione, inizialmente molto scettico, ha accettato di partecipare a un percorso formativo sul digitale. Con grande determinazione ha superato le difficoltà iniziali e, alla fine del corso, è diventato un punto di riferimento per i colleghi più giovani. Quel percorso gli ha restituito motivazione, autostima e un nuovo ruolo in azienda. È stata una dimostrazione concreta di quanto la formazione possa trasformare le persone».

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