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Dal confronto all’azione: il Fondo Nuove Competenze come infrastruttura strategica

di Giulia Calvaruso
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Roma, Sviluppo Lavoro Italia – 1 luglio 2025

Dal Belvedere di Capri – Punta Cannone – a Roma, il viaggio del Net Forum 2025 approda nella Sala Biagi di Sviluppo Lavoro Italia per il laboratorio conclusivo dedicato al Fondo Nuove Competenze (FNC). È il momento della progettazione operativa, della definizione di una visione condivisa e della proposta di soluzioni strutturali.

Dopo mesi di incontri, focus group, giornate immersive e tavoli con stakeholder pubblici e privati, il Net Forum – think tank per l’innovazione delle politiche attive, punto di osservazione mobile sull’Ecosistema del lavoro e della formazione – si avvia alla chiusura della sua seconda edizione, Società Intelligente, con una tappa che è anche una ripartenza: il passaggio dalla riflessione all’azione.

Il laboratorio del 1° luglio ha rappresentato l’esito tangibile di un percorso iniziato a gennaio e costruito in un intreccio progressivo di esperienze condivise tra imprese, agenzie formative, fondi interprofessionali, istituzioni e territori. Non una semplice conclusione, ma un momento generativo, in cui le idee si sono tradotte in proposte concrete, con il Fondo Nuove Competenze al centro di una visione strategica che guarda al futuro.

Le tappe – evento di apertura, focus tematici, workshop di Capri – non sono state momenti isolati, ma parti di un unico processo: un intreccio che si è ispessito nel tempo seguendo tre assi portanti – ascolto, approfondimento, proposta – e un metodo coerente: partire dal reale, dare voce agli attori, generare proposte praticabili.

Dal progetto alla traiettoria

“Il percorso di questi laboratori non è stato un esercizio accessorio, ma un campo di sperimentazione generativa”, ha affermato Ugo Calvaruso, direttore di Innovazione e Apprendimento, aprendo i lavori con una sintesi del cammino intrapreso dal Net Forum sul Fondo Nuove Competenze. Il suo intervento ha messo a fuoco un punto nodale: il Fondo non può più essere pensato come misura congiunturale, ma va riconfigurato come infrastruttura stabile per la qualificazione del lavoro.

L’obiettivo – ha sottolineato – è “abitare i processi aziendali, progettare ambienti di apprendimento, non solo corsi”. La formazione, ha aggiunto, “non è un add-on, ma una merce base nel senso sraffiano (di Piero Sraffa) del termine”, una leva endogena ai sistemi produttivi, essenziale per affrontare le transizioni.
In questa direzione, sono emersi tre passaggi chiave:

  • dal corso all’ambiente di apprendimento
  • dal progetto – che termina – alla traiettoria – che orienta e accompagna
  • dal finanziamento all’infrastruttura – stabile e ciclica

A rafforzare la prospettiva di un’azione integrata tra politiche formative, attive e valutative è intervenuta Francesca Massone, direttrice di Form&ATP, che ha portato il punto di vista di chi lavora quotidianamente a stretto contatto con le imprese. “Il sistema del Net Forum ha iniziato a dare risposte nuove grazie al confronto”, ha spiegato, sottolineando come sia urgente superare i compartimenti stagni tra i diversi ambiti dell’intervento pubblico.

Massone ha rilanciato un tema cruciale per il futuro del sistema: “la trasmissione delle competenze tacite, spesso trascurate, deve entrare a pieno titolo nelle policy formative”, richiamando le parole del direttore di Sviluppo Lavoro Italia Antonio Capone, secondo cui “le imprese sanno di cosa hanno bisogno, il sistema deve saper leggere quei bisogni, non indurli”. Da qui, l’appello a rendere la trasmissione intergenerazionale delle competenze – soprattutto quelle non formalizzate – un obiettivo esplicito delle politiche.

A fornire un inquadramento storico e strategico, lo stesso Antonio Capone, direttore generale di Sviluppo Lavoro Italia, ha tracciato l’evoluzione del sistema: “Nel 2002 non esisteva un sistema della formazione continua. Oggi siamo in una fase matura, in cui il Fondo Nuove Competenze – nato da un’intuizione potente – sta dimostrando la capacità di parlare con il mondo reale delle imprese”. Un Fondo, ha aggiunto, che non è una misura neutra, ma un vero e proprio dispositivo: uno strumento capace di mediare tra bisogni produttivi e obiettivi trasformativi.

Tre gruppi di lavoro per un’unica strategia

L’evento ha proseguito i lavori su due piani: online e in presenza.
In diretta streaming, Ugo Calvaruso, Concita De Luca e Francesca Massone hanno condotto una conversazione dinamica con la community di Qualificazione di Fondimpresa, raccogliendo spunti, domande e suggestioni emerse dai precedenti incontri e dalle Challenge su SNAP Learning che hanno coinvolto oltre 250 agenzie formative attive su tutto il territorio nazionale.

Nel frattempo, in presenza, si sono attivati tre gruppi tematici, ciascuno dedicato a un ambito strategico del Fondo Nuove Competenze. “Abbiamo Dis-seminato” – come è stato detto con ironia e precisione – idee, visioni, proposte: una semina di pensiero che ha generato nuove ipotesi progettuali.

Come una tessitura lenta ma precisa, le voci emerse hanno composto una trama fatta di criticità affrontate e prospettive concrete. A intervenire non sono stati solo esperti, ma i protagonisti dell’ecosistema: responsabili di fondi interprofessionali, professionisti di agenzie formative, rappresentanti istituzionali. Ognuno ha portato un filo, un nodo. Insieme, hanno generato un disegno di sistema.

Gruppo 1 – Strumento strutturale e modelli futuri: immaginare il FNC come politica permanente, integrata nella programmazione

Il primo gruppo di lavoro, coordinato da Federico Conti (Sviluppo Lavoro Italia) con la restituzione di Egidio Sangue (Direttore Fonditalia), ha immaginato il FNC come politica permanente, integrata nella programmazione.

Al centro del confronto, l’idea che il Fondo Nuove Competenze debba superare la sua natura emergenziale per diventare parte integrante della governance ordinaria della formazione continua. “Siamo alla vigilia del passaggio verso un’infrastruttura stabile – ha sottolineato Conti – dove la periodicità diventa condizione per una vera co-progettazione”.

Egidio Sangue ha rilanciato il tema della coerenza normativa, sottolineando la necessità di “sincronizzare strumenti differenti, come FNC e fondi interprofessionali, oggi regolati da norme divergenti”. Tra le proposte emerse: la creazione di una cabina di regia condivisa e l’adozione di modelli di co-finanziamento integrati, in grado di garantire convergenza operativa, chiarezza di ruoli e maggiore capacità di impatto.

Gruppo 2 – Dall’IVC agli strumenti progettuali: analizzare, identificare e progettare una formazione di qualità

Il secondo gruppo, coordinato da Davide Premutico (Ricercatore INAPP), si è concentrato sul tema degli strumenti progettuali. Il confronto ha evidenziato come l’Identificazione e Validazione delle Competenze (IVC) non rappresenti solo un requisito tecnico, ma un vero e proprio dispositivo motivazionale.

“IVC ha dato visibilità al sapere posseduto e ha stimolato consapevolezza e coinvolgimento nei lavoratori”, ha spiegato Premutico, sottolineando il potenziale trasformativo di un approccio centrato sulla persona. Il gruppo ha però anche discusso i limiti della standardizzazione, specie nel rilevare competenze manageriali e trasversali, suggerendo la necessità di maggiore flessibilità.

Particolare attenzione è stata riservata all’evoluzione del linguaggio progettuale verso l’Atlante del lavoro e delle qualificazioni. Tra le proposte emerse, due in particolare si sono imposte: formare le imprese al linguaggio delle competenze e sviluppare strumenti di valutazione dell’impatto dotati di indicatori dinamici, capaci di cogliere gli effetti della formazione nel tempo.

Gruppo 3 – Il FNC come attivatore di innovazione per le competenze per il futuro: dalle filiere ai cluster di imprese

Il terzo gruppo, coordinato da Raffaella Croce (Sviluppo Lavoro Italia) affiancato nella restituzione da Carlo Parrinello (Direttore Fondolavoro), ha affrontato il tema dell’innovazione sistemica per filiere e territori. Il dibattito ha evidenziato una visione chiara: il Fondo Nuove Competenze può e deve diventare un dispositivo di trasformazione sistemica.

“Serve uscire dalla retorica del piccolo è bello, quando diventa isolamento” – si è detto nella restituzione – e lavorare alla costruzione di filiere solide, sia verticali che orizzontali, capaci di integrare formazione, innovazione e produzione. La proposta è quella di valorizzare maggiormente gli ITS, intesi come snodi ibridi tra sapere tecnico e processi industriali, con un ruolo centrale nella costruzione di competenze per il futuro.

Il gruppo ha infine posto l’accento sulla necessità di una semplificazione normativa e di un sostegno esplicito alla progettazione di piani formativi coerenti, costruiti su fabbisogni reali e non indotti. In gioco, non c’è solo l’efficienza degli strumenti, ma la capacità del sistema di generare innovazione condivisa.

La visione ministeriale: misurare l’impatto

A chiudere la giornata, l’intervento di Sabrina Guida, dirigente del Ministero del Lavoro, ha saputo raccogliere e rilanciare il senso profondo del percorso svolto. “Il Fondo Nuove Competenze deve diventare una misura strutturata, non un evento episodico”, ha affermato.
Dal lavoro di gruppo, svolto accanto alla stessa fondatrice della misura del Fondo l’ex ministro Nunzia Catalfo, sono riemersi gli obiettivi profondi di questo strumento.
“Dobbiamo ragionare per obiettivi formativi e poi valutarne gli effetti. Non basta contare le ore: serve misurare l’impatto”.

Guida ha annunciato lo sviluppo di due strumenti strategici per il sistema: il fascicolo sociale-lavorativo e l’osservatorio sull’Intelligenza Artificiale. Entrambi sono pensati per orientare le politiche, leggere i segnali deboli e anticipare traiettorie evolutive. E ha concluso con un invito alla corresponsabilità: “Ognuno ha un margine di miglioramento. Serve una regia stabile, ma anche una nuova cultura della collaborazione tra istituzioni, fondi, enti formativi”.

Questo approccio dialogico e trasformativo è forse la cifra più profonda dell’esperienza del Net Forum. Non si è cercata una narrazione “vincente”, ma si è coltivata una convergenza riflessiva. Le pratiche – incerte o mature che fossero – hanno trovato ascolto, forma e direzione.

Il laboratorio, così inteso, ha dato corpo a un nuovo modo di intendere la formazione: non più solo come misura, ma come infrastruttura condivisa, capace di accompagnare le trasformazioni economiche, tecnologiche e sociali. 

Un percorso che non si chiude, ma si rilancia come dispositivo trasformativo: il Libro Bianco 2025, che sarà presentato il prossimo 23 settembre a Roma, raccoglierà e sistematizzerà le prospettive emerse, restituendo senso e direzione al cammino intrapreso.

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