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«Buone Notizie» (e idee) che ci fanno diventare migliori

di Luigi Ferraiuolo

di Giulia Calvaruso
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di Luigi Ferraiuolo


Per ricominciare bisogna tornare indietro come in un flashback che ci fa rivivere il passato e capire che direzione abbiamo preso, facendo le opportune correzioni di rotta al timone, se necessario. Bisogna cercare cosa parla alla nostra anima per donarlo al futuro, come capita nella Sindrome di Stendhal. Davanti alla bellezza della chiesa di Santa Croce, a Firenze, lo scrittore tedesco cadde in estasi. Accadeva nel 1817. Se davanti al nostro passato cadiamo anche noi in estasi, se ci colpisce la Sindrome, allora è quello che bisogna consegnare al futuro. Noi siamo il prodotto del passato, delle decisioni prese da altri esseri umani, talvolta secoli fa, in questo caso sedici anni fa. Ma di converso anche le nostre decisioni di raccontare la storia in un dato modo producono presente e futuro. Considerandolo così, il passato di ogni storia, di tutte le nostre vite, non è affatto passato: noi che torniamo sempre a riscoprirlo e a raccontarlo, ci siamo dentro e ogni giorno ne modifichiamo la rotta, correggendo il timone, costruendo il futuro. Allora raccontando ciò che è accaduto sedici anni fa, siamo in grado di costruire un nuovo futuro. Se quello che vediamo interroga la nostra anima. E la interroga, io ve lo posso testimoniare, visto che la vivo ogni giorno, a partire da quel lunedì. Ma è importante guardarlo il passato per scoprire se c’è Stendhal dentro.

E per capirlo non dobbiamo tornare indietro al 10 novembre del 2008, giorno in cui nacque l’idea del «Premio Buone Notizie», ma basta andare al 4 novembre del 2018, una domenica in cui grazie al Corriere della Sera ci siamo resi conto di essere diventati adulti anzitempo, dopo solo dieci anni di vita. Che cosa accadde quel giorno e cosa fece il Corriere, con la pagina intera firmata da Elisabetta Soglio? Si avverò il sogno di una dodicenne: la realizzazione di una biblioteca, in un paese che cercava di scrollarsi di dosso lo stigma della camorra: Casal di Principe. Un sindaco che metteva a disposizione un pezzo di sala consiliare, una catena di solidarietà che coinvolgeva mondi diversi e infine anche una «Chiamata alle Arti» per invitare scrittori e intellettuali a dare contenuti al sogno di Maria. Benvenuti nel paese delle buone notizie. Il sogno del Premio era diventato realtà. Nella cittadina diventata suo malgrado famosa per gomorra, i casalesi, le lotte fra clan, una ragazzina di dodici anni, Maria Zagaria, dal banco di seconda media, rispose all’appello della sua (illuminata) insegnante di lettere che invitava a scrivere a una persona importante. Maria non pensò al suo idolo musicale e neppure a una fashion blogger, ma al sindaco, cui affidare il proprio desiderio: una biblioteca, «un posto dove confrontarmi e studiare con i miei amici, dove tutti i miei compaesani possono ritrovarsi per stare in compagnia e fare dibattiti su argomenti di attualità. Ma, soprattutto, un posto dove posso coltivare la mia più grande passione: la lettura». Quel sogno diventa realtà nel 2018 grazie alla laboriosità del sindaco Renato Natale, che tra un paio di mesi termina il suo secondo mandato e lascia. Un errore, probabilmente, il limite dei due mandati. Ma questa è un’altra storia.

Dopo aver realizzato la biblioteca, il primo cittadino si rese conto che una sala vuota non bastava a cambiare un destino, non incideva nel corpo collettivo della città. E durante un incontro – io vado spesso a Casale per un’altra iniziativa, oltre che per lavoro, la Scuola di Giornalismo investigativo dell’Ucsi – mi esternò il suo cruccio. Il Premio non è nato solo per scegliere i bravi giornalisti nella scrittura o sul piano deontologico, ma anche quelli che oltre a raccontare i fatti propongono soluzioni o spiegano i contesti o costruiscono nuove idee. E quindi la richiesta di Natale era da soddisfare, era perfetta per noi. Ci rimboccammo le maniche e scrivemmo una lettera al Corriere Buone Notizie: il «Premio Buone Notizie» lancia un appello agli scrittori e intellettuali italiani a venire a Casal di Principe, a parlare nella biblioteca «Grillo Parlante». Il Corrierone lo pubblica. Rispondono subito Erri De Luca, Giovanni Floris, Adriano Sofri e tanti altri.  A marzo del 2019, per la prima volta nella sua storia, la sporca dozzina del «Premio Strega», grazie all’interlocuzione con Stefano Petrocchi, il direttore della Fondazione Bellonci; e Serena Ferraiolo, dipendente della fondazione che fa da mediatrice, fa una gita fuoriporta e arriva a Casal di Principe, dove i 12 finalisti 2019, da Antonio Scurati a Nadia Terranova e tanti altri si confrontano con i ragazzi delle scuole del posto nel «Teatro della Legalità», un piccolo teatro costruito su un terreno confiscato a gomorra. 

Da allora abbiamo percorso tanta strada. Abbiamo lavorato a un corto sulle buone notizie; provato a costruire un museo a Casal di Principe in un bene confiscato – vorremmo riprovarci ora, ma ci serve aiuto – abbiamo favorito la nascita di una Scuola di Classe Dirigente a Caserta: Polity Design, in un territorio che ha assoluto bisogno di giovani in gamba, capaci di avere una visione; abbiamo accompagnato un festival letterario: «Un Borgo di Libri» e la Scuola di Giornalismo investigativo dell’Ucsi; e infine sostenuto l’invito di Casal di Principe al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e a Papa Francesco. Il Presidente è arrivato, facendo un miracolo; ora speriamo che venga anche Francesco, perché il processo avviatosi trent’anni fa nella «Terra dei Mazzoni», come è anche chiamato quel territorio, luogo storico di mafia, nato con l’uccisione di don Peppe Diana, inizio e fine del clan, si chiuderà solo con l’elevazione a martire o la canonizzazione di don Peppino. Non è un caso che in questi giorni si sia pentito anche il boss «Sandokan», mitico capo del clan di gomorra.

Ho scritto tanto, e ho parlato solo delle iniziative a latere, che però non sono il cuore del «Premio Buone Notizie» (www.premiobuonenotizie.it), che è la manifestazione giornalistica. Quella viene prima di tutto ed è nata con quello stesso spirito che ha informato tutte le sue diverse manifestazioni, applicato però al giornalismo. Quel lunedì di novembre di tanti anni fa, io e Michele De Simone, presidente dell’Assostampa di Caserta, ci domandavamo come fare per rispondere all’interrogativo che sempre più spesso ci poneva l’allora Vescovo di Caserta, monsignor Raffaele Nogaro: come cambiare il segno del racconto dei media nazionali e stranieri sul Casertano e Casale, come far diventare Caserta non solo terra di gomorra o della diossina o dei fuochi. E pensammo che la prima risposta era portare a Caserta i giornalisti per mostrare loro quello che realmente era l’antica Campania Felix; quello che accadeva a Casal di Principe. Con questo spirito nascono prima il Premio e poi la Scuola di Giornalismo investigativo Ucsi a Casal di Principe, in collaborazione con Agrorinasce. E successivamente tutto il resto, man mano che prendevamo coscienza di cosa era capitato nella nostra terra, della tempesta in cui vivevamo. E così per Caserta sono passati Paolo Mieli e Domenico Quirico, Sarah Varetto e Giovanni Grasso e tanti altri. 

La prima iniziativa collaterale del Premio a nascere fu la «Buona Notizia dell’Anno», il modo per recuperare esempi positivi dei dodici mesi appena trascorsi e dimenticati dai media ufficiali. Perché è l’esempio il motore della costruzione di una società migliore.

Abbiamo anche delle pecche, ovviamente, due sono le più gravi: operiamo in un territorio debole, lontano dal crocevia del potere istituzionale ed economico e questo rende più difficile il nostro lavoro, anche se più meritorio; e la stessa debolezza del territorio non ci fornisce risorse adeguate.  Avremmo bisogno di qualche soldino in più per mettere in campo tante buone idee che raccogliamo in giro per l’Italia. Ma non disperiamo, un po’ alla volta faremo tutto.

Come ho scritto poc’anzi, forse mi sono dilungato troppo (sono grafomane oltre che logorroico), ma per una volta mi piaceva raccontarvi alcune delle iniziative che realizziamo, non solo il Premio, perché tutte insieme sono la nostra identità. Essere giornalisti, per noi, è anche tutto ciò. 

Luigi Ferraiuolo è il Segretario Generale del Premio Buone Notizie

 

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