Come evolverà la formazione manageriale nel prossimo decennio*

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Di Domenico De Masi

* articolo pubblicato sul numero 7-8 di AIF Learning News del luglio-agosto 2016.

Premessa

25 anni fa, un quarto di secolo, l’AIF tenne il suo XI Convegno Nazionale a Budapest. Era appena caduto il muro di Berlino e l’Est europeo (“quella boscosa e segreta Europa Centrale che appartiene meno alla geografia che all’immaginazione”, come direbbe Borges) appariva il luogo deputato, simbolo e realtà al tempo stesso, per aprire una riflessione scientifica e un contenzioso organizzativo sulla formazione degli adulti. Il titolo del convegno – “L’ottocentesima generazione” – prendeva spunto dal fortunato volume di Alvin Toffler Shock del futuro che collocava a 50.000 anni fa la nascita dell’homo sapiens, assegnava alla vita umana una durata media di 62 anni e arrivava così alla conclusione che stiamo per vivere the 800th lifetime, l’ottocentesimo ciclo di vita. Una conclusione analoga – e analogamente azzardata – appare legittima se si computano tre generazioni per ogni secolo e si fissa a 26.000 anni fa l’epoca in cui l’uomo, scheggiando le prime pietre, creò se stesso come homo faber. L’immagine usata dall’immaginifico Toffler conserva intatta la propria suggestione: The 800th lifetime, l’ottocentesimo ciclo di vita, l’ottocentesima generazione, è la nostra generazione.

Se poi ci si diverte a riflettere che oltre trecento di quelle generazioni sono vissute nelle caverne; che la Bibbia risale a cento generazioni orsono; che la stampa è disponibile solo da dodici generazioni; che fino a cinque generazioni fa l’unica energia disponibile era quella animale; che gli uomini usano l’elettricità da quattro generazioni e l’automobile da due generazioni; che la metà dei beni materiali da noi utilizzati quotidianamente è stata prodotta negli ultimi vent’anni; se ci si diverte e ci si spaventa a riflettere su tutto questo, nasce immediato il bisogno di capire quale tipo di vita e di processi formativi attende la prossima generazione: la ottocentunesima.

Il XXVIII Convegno Nazionale dell’AIF, che si terrà a Bologna nell’ottobre 2016, cade cronologicamente nel pieno della trasformazione epocale della nostra società. Dopo 25 anni l’AIF si trova a dover affrontare nuovamente il suo problema cruciale: come vanno formati gli adulti della prossima generazione, cui toccherà il compito di organizzare il nostro futuro.

Il progetto “FOR 2026”

Si profila un mondo del lavoro in cui il progresso scientifico e tecnologico sancisce il trionfo della cultura digitale su quella analogica, libera definitivamente l’uomo dal castigo biblico della fatica, gli consegna il monopolio di tutte le attività capaci di soddisfare l’esigenza umana di creatività, estetica, etica, amore, convivialità, pensiero critico e problem solving. La nuova stagione che ci attende appare particolarmente feconda per la formazione sia scolastica che manageriale, costretta però a modificare radicalmente i suoi obiettivi e i suoi metodi: insomma, il suo paradigma. In questa società globale e postindustriale vincono le organizzazioni più capaci di prevedere il loro futuro per poterlo progettare. Perciò l’AIF ha deciso di organizzare il suo prossimo Convegno nazionale 2016 secondo un percorso innovativo che consente di raggiungere sinergicamente sei obiettivi:

  • Impostare i lavori sulla base di una preventiva ricerca che, ricorrendo al contributi dei massimi Esperti del settore, fornisca dati affidabili ai convegnisti e garantisca la preparazione specifica dei Relatori.
  • Costruire perciò, con attendibilità scientifica, lo scenario delle sfide che la formazione manageriale e i formatori dovranno fronteggiare nel prossimo decennio, da qui al 2026.
  • Realizzare un convegno nazionale in cui i formatori delle organizzazioni italiane pubbliche e private, insieme ai massimi Esperti del settore, possano riflettere congiuntamente sullo scenario 2026 e possano trarne le linee guida per le future azioni da mettere in atto.
  • Realizzare e diffondere un libro in cui sia contenuto lo scenario fornito dalla ricerca previsionale. Questo testo costituirà una ricca fonte informativa per gli operatori del settore e un prezioso strumento didattico per eventuali attività formative.
  • Rafforzare i rapporti collaborativi con le aziende particolarmente sensibili alla gestione delle risorse umane e alla formazione dei collaboratori, chiamandole a sponsorizzare la ricerca e il convegno.
  • Raccogliere i materiali e le informazioni indispensabili per avviare un’ampia campagna di sensibilizzazione delle aziende e dei policy makers sul futuro della formazione manageriale.

Società industriale

Vale la pena di dare un rapido sguardo alla fase evolutiva che stiamo attraversando. Come la società rurale, per cinque millenni, è stata centrata sull’economia agricola e sul lavoro artigianale, così la società industriale, tra la metà del Settecento e la metà del Novecento, è stata centrata sulla produzione in grandi serie di beni materiali prodotti in fabbrica.

L’organizzazione del lavoro, in cui prevaleva la componente operaia, si è basata su cinque princìpi indicati da Alvin Toffler: la standardizzazione dei prodotti e dei metodi di produzione, la parcellizzazione e la specializzazione del lavoro, l’economia di scala, l’efficienza e la produttività, la gerarchia piramidale. I connotati essenziali della società industriale sono lo sviluppo demografico, la longevità, l’urbanesimo, la democrazia parlamentare, il welfare, la presunta disponibilità infinita delle risorse, la presunta crescita infinita del Pil, il consumismo di massa, i mass media.

Società postindustriale

A partire dalla seconda guerra mondiale, come effetto congiunto del progresso scientifico-tecnico, della globalizzazione, della scolarizzazione diffusa e dei media, si è andata affermando una società nuova, che per comodità chiamiamo postindustriale, centrata sulla produzione dei beni immateriali: servizi, informazioni, simboli, valori, estetica. Questa rivoluzione epocale ha reso obsolescenti molte tecniche organizzative nate dalla fabbrica della società industriale perché:

  • gran parte del lavoro esecutivo, sia fisico che intellettuale, può essere delegato alle macchine mettendo così in crisi il mercato del lavoro e lasciando all’uomo il monopolio delle attività creative e relazionali;
  • nuove mansioni e nuove professioni, sempre più intellettualizzate, si affermano sotto la spinta del progresso scientifico e della scolarizzazione di massa;
  • il rapporto numerico tra colletti bianchi e colletti blu, anche nelle aziende manifatturiere, è sbilanciato a favore dei primi;
  • emergono nuovi valori come l’intellettualizzazione del lavoro e del tempo libero, la creatività, l’etica e l’affidabilità, l’estetica, la soggettività, l’emotività, la femminilizzazione, la virtualità, la destrutturazione del tempo e dello spazio, la qualità della vita;
  • nello stesso tempo, però, si profilano spettri non meno preoccupanti di quelli sperimentati nelle epoche precedenti: esplosione demografica, fame, grandi conflitti, grandi migrazioni, disastri ecologici e nucleari, inadeguatezza dell’uomo a gestire sistemi sempre più complessi.

Il prossimo decennio

Dalle più accreditate ricerche futurologiche emergono alcuni trend che, direttamente o indirettamente, influiranno sulla formazione degli adulti.

Demografia. Nel 2026 la popolazione mondiale sarà di 8 miliardi: non solo bocche, per fortuna, ma anche cervelli capaci di risolvere problemi e creare innovazione. Potremo vivere fino a 750.000 ore, rispetto alle attuali 700.000. Vivranno più a lungo le persone più scolarizzate e con relazioni sociali più intense. Gli anziani con più di 65 anni saranno 910 milioni rispetto agli attuali 420 milioni.

Tecnologia. Per la legge di Moore, la potenza di un microprocessore raddoppia ogni 18 mesi. Ciò significa che 2026 un chip sarà centinaia di miliardi di volte superiore a quello attuale. Il 21° secolo sarà segnato dall’ingegneria genetica con cui vinceremo molte malattie, dall’intelligenza artificiale con cui sostituiremo molto lavoro intellettuale, dalle nanotecnologie con cui gli oggetti si relazioneranno tra loro e con noi, dalle stampanti 3D con cui costruiremo in casa molti oggetti. Grazie alla chirurgia potremo modificare profondamente il nostro corpo; grazie alla farmacologia potremo inibire i nostri sentimenti, acuirli, simularli, combinarli.

Economia e lavoro. Nel 2026 il Pil pro-capite nel mondo sarà cresciuto del 159% rispetto a oggi. I potenziali consumatori saranno un miliardo in più. L’Occidente avrà ridotto del 15% il proprio potere d’acquisto. Progresso tecnologico e produttività del lavoro crescono a velocità esponenziale. L’effetto congiunto di legge di Moore, riconoscimento vocale, nanotecnologie e robotica, comporterà una “jobless growth” con la perdita senza rimpiazzo di molti attuali posti di lavoro. Nei Paesi avanzati il 20% degli occupati svolgerà mansioni operaie; il 30% svolgerà mansioni impiegatizie; il 50% svolgerà attività creative. Se il lavoro esecutivo non verrà ridistribuito, la disoccupazione aumenterà e un numero crescente di Neet (Not engaged in Education, Employmentor Training) sarà costretto a consumare senza produrre. Ne deriverà una riduzione dei consumi e un aumento dei conflitti sociali.

Tempo libero. Nel 2026 ogni ventenne avrà davanti a sé circa 580.000 ore di vita. Per gli addetti a mansioni esecutive, il lavoro occuperà non più di 60.000 ore. Disporremo di 200.000 ore di tempo libero, pari a 8.300 giorni e a 23 anni. Come occupare tutto questo tempo? Come evitare la noia e la depressione? Come crescere intellettualmente? Aumenterà la violenza o la pace sociale? La differenza sarà determinata dal nostro livello di cultura e di curiosità intellettuale. Occorrerà dunque formarci al tempo libero, fin da oggi, più di quanto usiamo formarci al tempo di lavoro. Digitalità. Microsoft è del 1975, il Web è del 1991, Google è del 1997, Facebook del 2004, Twitter del 2006. Dunque nel 2026 chi è nato con Microsoft avrà 50 anni, chi è nato con il Web ne avrà 34, chi è nato con Google ne avrà 28, chi è nato con Facebook ne avrà 21, chi è nato con Twitter ne avrà 19. Nel 2030 la “nuvola” informatica avrà trasformato il mondo intero in un’unica agorà: tele apprenderemo, tele-lavoreremo, tele-ameremo, ci tele-divertiremo. L’intelligenza artificiale potrà risolvere problemi con dimostrazioni incomprensibili all’essere umano. Il concetto di privacy tenderà a scomparire. Sarà quasi impossibile dimenticare, perdersi, annoiarsi, isolarsi.

Etica. Nel 2026 il mondo sarà più ricco ma resterà ineguale. L’aumento e la visibilità delle disuguaglianze e dell’esclusione sociale alimenteranno movimenti e conflitti. Vaclav Havel ha detto che il comunismo ha perso ma il capitalismo non ha vinto perché il comunismo sapeva distribuire la ricchezza ma non la sapeva produrre mentre il capitalismo sa produrre la ricchezza ma non la sa distribuire. Secondo il Bruntland Report (1987) occorre assicurare al pianeta uno sviluppo sostenibile “che soddisfi i bisogni di oggi senza compromettere la possibilità delle future generazioni di soddisfare i loro”. Poiché nel 2026 almeno il 70% dei lavoratori sarà occupato nel settore terziario, dove il vantaggio competitivo dipende dall’affidabilità e dalla qualità delle prestazioni, vi sarà una forte spinta alla trasparenza, alla correttezza e alla competenza. Se vorremo avere successo, ci toccherà essere galantuomini.

Estetica. Nel 2026 le tecnologie saranno molto più precise di quanto occorra a coloro che le useranno nella loro quotidianità. Ne consegue che la qualità formale degli oggetti interesserà più della loro scontata perfezione tecnica e il loro valore di mercato sarà sempre più affidato alla loro bellezza e alla loro griffe. Le buone maniere saranno l’anima del commercio. L’estetica diventerà uno dei principali fattori competitivi e chi si dedicherà ad attività estetiche sarà più gratificato di chi si dedicherà ad attività pratiche.

Androginia. Nel 2026 le donne del mondo vivranno tre anni più degli uomini. Il 60% degli studenti universitari, il 60% dei laureati e il 60% dei possessori di master saranno donne. Molte donne sposeranno un uomo più giovane di loro. Molte avranno un figlio senza avere un marito, mentre agli uomini non sarà ancora possibile avere un figlio senza avere una moglie. Per tutto questo, le donne saranno al centro del sistema sociale e saranno tentate di gestirne il potere con la durezza che deriva loro dai torti subìti nei diecimila anni precedenti. I valori “femminili” (estetica, soggettività, emotività, flessibilità) avranno colonizzato anche gli uomini. Negli stili di vita prevarrà l’androginìa.

Cultura. Nel 2026 l’omologazione globale prevarrà sull’identità locale. Tuttavia, ognuno tenderà a diversificarsi dagli altri. La cultura digitale avrà soppiantato quella analogica. Energia ed ecologia saranno i problemi primari su cui verteranno gli accordi e i conflitti tra i Paesi. Nella gara a colonizzare la cultura mondiale, il modello americano (Washington consensus) sarà insidiato da quello cinese (Beijing consensus). L’istruzione sarà intesa come formazione permanente e occuperà almeno 100.000 ore della vita. La maggiore produzione e trasmissione del sapere avverrà secondo il criterio di “molti per molti”, così come già avviene con Wikipedia e con Facebook.

Patto sociale. In conclusione, per governare questi profondi mutamenti che ci attendono da qui al 2026 occorre un robusto patto sociale tra uomini e donne, giovani e anziani, autoctoni e immigrati, ricchi e poveri, occupati e disoccupati per ridistribuire equamente e pacificamente la ricchezza, il lavoro, il potere, il sapere, le opportunità e le tutele. L’alternativa sarebbe il caos.

Costruzione dello scenario 2026

Per progettare il futuro occorre prevederlo. Quale sistema di vita, di lavoro e di educazione attende l’ottocentunesima generazione? Per la costruzione dello scenario 2026 – che, ripetuto periodicamente nei prossimi anni, potrebbe dare vita a un vero e proprio originale osservatorio permanente – è stata prescelta la metodologia Delphi che consente, in tempi abbastanza rapidi, di realizzare una previsione organica e attendibile circa le più probabili evoluzioni della formazione manageriale in Italia.

Come è noto, la metodologia Delphi prevede la consultazione in forma anonima di un panel interdisciplinare di autorevoli Esperti, dotati delle competenze necessarie per analizzare il tema prescelto. Gli Esperti dovranno rispondere a due successivi questionari nell’arco di 60 giorni. Per evitare risposte dettate da precedenti rapporti di concordanza o discordanza intellettuale, fino alla fine della ricerca ciascun Esperto ignorerà l’identità di tutti gli altri.

Nel nostro caso la ricerca si avvarrà di nove Esperti individuati in settori disciplinari come l’antropologia, l’economia, la filosofia, le neuroscienze, la pedagogia, la psicologia, la sociologia, le scienze organizzative, la tecnologia. Dopo avere individuato un’ampia gamma di autorevoli Esperti appartenenti ai settori disciplinari prescelti e dopo avere deciso quali sono i nove Esperti che parteciperanno effettivamente all’indagine, è stato preparato il primo questionario, consistente in domande a risposta libera. Una volta ottenute le risposte, la direzione della ricerca provvede a elaborarle e riorganizzarle in forma di un secondo questionario a risposte chiuse. In base ai risultati di questo secondo questionario sarà steso il rapporto conclusivo, cioè lo scenario della formazione manageriale proiettato al 2026.

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