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Intervista a Elvio Mauri: “Fondimpresa ha cambiato la storia della formazione continua”

Il Consorzio si occupa di gestione dei servizi e sviluppa piani di orientamento e apprendimento continuo

di Giulia Calvaruso
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Intervista di Angelo Lomonaco, direttore di Next, a Elvio Mauri, diretto generale del Fondo.
Il contesto normativo e culturale si può migliorare.

di Angelo Lomonaco

L’«accordo interconfederale» tra Confindustria, Cgil, Cisl e Uil che ha segnato la nascita di Fondimpresa e ha definito le finalità e le modalità di accesso alle risorse da parte delle aziende aderenti è stato sottoscritto il 18 gennaio 2002. La piena operatività del Fondo ha avuto inizio nel febbraio 2004. In vent’anni di attività le aziende aderenti si sono moltiplicate fino a raggiungere quota 211.842, con un aumento di oltre il mille per cento; i dipendenti di tali aziende sono complessivamente quasi cinque milioni. Anche dal punto economico i risultati sono molto positivi: nel 2023 sono stati raccolti 434 milioni di euro. Positivo è, più in generale, anche il bilancio dei Fondi, che spendono sette volte più delle Regioni italiane per la formazione continua. 

Dopo l’esperienza di responsabile della sede di Busto Arsizio per l’Unione degli Industriali della Provincia di Varese dal 2004 al 2017, e di amministratore delegato di Univa Servizi dal novembre 2010 ad agosto 2017, dal novembre di quell’anno direttore generale di Fondimpresa è diventato Elvio Mauri. 

Negli anni successivi alla sua nomina in Fondimpresa, in Italia e nel mondo si sono create situazioni molto problematiche. A parte le difficoltà economiche collegate anche alle tensioni internazionali, è scoppiata la pandemia che ha inciso in modo molto rilevante sull’economia e sul lavoro, cambiandone di fatto l’organizzazione e dando un fortissimo impulso al lavoro a distanza. Secondo lei lo smart working per le aziende e per gli stessi lavoratori ha creato problemi o ne ha risolti? Ha migliorato la qualità del lavoro? Ha contribuito a sviluppare le competenze? Ha inciso sulla produttività?

«Ritengo che per le organizzazioni, soprattutto quelle che si avvalgono di servizi digitali, lo smart working abbia rappresentato una straordinaria opportunità. Da un lato, ha favorito una migliore conciliazione tra vita personale e lavorativa, dall’altro ha spostato il focus dai processi ai risultati e ai prodotti finali. Questa nuova modalità lavorativa ha posto una sfida importante anche per i dirigenti, spingendoli a concentrarsi maggiormente sugli obiettivi da raggiungere piuttosto che sui metodi per farlo. Lo smart working ha dunque migliorato la qualità del lavoro, stimolando lo sviluppo delle competenze individuali con effetti immediati sulla produttività. Uno dei principali vantaggi risiede nella maggiore flessibilità, che ha consentito una gestione più autonoma degli orari e degli impegni, migliorando il benessere dei dipendenti. La riduzione del pendolarismo e una maggiore libertà nella gestione del proprio tempo hanno ridotto lo stress. Tuttavia, non si possono ignorare gli svantaggi legati al senso di isolamento che molti lavoratori hanno vissuto. La riduzione delle interazioni quotidiane ha limitato le occasioni di scambio informale, collaborazione spontanea e networking, elementi fondamentali per il benessere e lo sviluppo professionale. La gestione del team a distanza ha inoltre posto sfide significative per molti manager, che se sono riusciti a coordinare le attività e mantenere l’allineamento sugli obiettivi senza poter contare sulla comunicazione diretta. Ciò ha richiesto l’adozione di nuovi strumenti tecnologici e lo sviluppo di competenze inedite, soprattutto in ambito di leadership e gestione del tempo. Senza dubbio, lo smart working impone un cambio di mentalità nelle aziende, spostando l’attenzione dal numero di ore passate in ufficio ai risultati effettivamente raggiunti. Questo approccio può migliorare la qualità del lavoro, responsabilizzando i lavoratori sul raggiungimento degli obiettivi piuttosto che sull’adempimento formale degli orari. Inoltre, il lavoro da remoto ha accelerato la necessità di acquisire e migliorare le competenze digitali. In molti casi, lo smart working ha comportato anche un aumento della produttività. Gli studi dimostrano che chi lavora da remoto spesso impiega più ore e risulta più produttivo rispetto a quando è in ufficio. Tuttavia, l’impatto sulla produttività non è stato uniforme. Mentre alcuni settori ne hanno tratto grandi benefici, altri, come quelli legati alla manifattura o alla logistica, hanno maggiori difficoltà. Inoltre, non tutti i ruoli si adattano al lavoro a distanza, e alcune aziende hanno segnalato un calo della produttività, a causa della difficoltà nel mantenere coesione e coordinamento all’interno dei team virtuali».

Di conseguenza, in che modo Fondimpresa ha affrontato la nuova realtà e, più in generale, come è cambiata la formazione?

«Fin dall’inizio abbiamo accelerato la messa a punto di buoni modelli di formazione a distanza, e siamo convinti che, sebbene ci siano ancora margini di perfezionamento, questa sia la giusta direzione. Abbiamo affrontato la nuova realtà dello smart working e i cambiamenti nel mondo del lavoro imprimendo un’accelerazione significativa alla formazione a distanza, adattando strumenti e approcci per rispondere alle esigenze emergenti di aziende e lavoratori. Questo cambiamento è stato dettato dalla necessità di garantire continuità alla formazione e di sostenere lo sviluppo delle competenze, anche in un contesto di rapida trasformazione tecnologica e organizzativa. Fondimpresa ha prontamente rivisitato i propri programmi formativi per integrare modalità di erogazione a distanza. La formazione online, sia sincrona che asincrona, è diventata un elemento cardine per continuare a offrire opportunità di apprendimento durante i periodi di lockdown e per i lavoratori in smart working. Questa transizione ha consentito di superare le barriere logistiche, rendendo la formazione accessibile a un pubblico più ampio, indipendentemente dalla posizione geografica o dalle limitazioni imposte dalle circostanze. Inoltre, è stato incentivato lo sviluppo e il potenziamento delle piattaforme digitali per la gestione e l’erogazione della formazione. Attraverso Learning Management Systems (Lms) e altre tecnologie digitali, lavoratori e aziende hanno potuto accedere a corsi, moduli e materiali formativi in modo più flessibile. In generale, la formazione ha visto una diffusione crescente della modalità blended, che combina formazione online e in presenza. Questo approccio consente di sfruttare i vantaggi della tecnologia per l’apprendimento teorico e di mantenere l’interazione diretta e le attività pratiche attraverso incontri in presenza, quando possibile. Tale modello ha aumentato la flessibilità e migliorato l’efficacia della formazione. La formazione è diventata, inoltre, più personalizzata, rispondendo meglio alle esigenze specifiche di aziende e lavoratori. Grazie alla tecnologia, è stato possibile promuovere percorsi formativi su misura che tengono conto delle competenze già acquisite e delle aree di miglioramento. Questo ha reso la formazione più mirata, migliorandone l’efficacia e la rilevanza per chi la riceve».

Oltre alla novità della «distanza», il nuovo scenario ha contribuito a una considerevole diffusione della tecnologia: questo fenomeno ha determinato un cambiamento della formazione? 

«Più che una semplice modifica, si è assistito a un sostanziale livellamento qualitativo e quantitativo tra le diverse modalità di erogazione della formazione, sia frontale che a distanza, sincrona o asincrona. Il nuovo scenario, caratterizzato dalla diffusione delle tecnologie e dalla crescente adozione del lavoro a distanza, ha determinato cambiamenti profondi non solo nelle modalità di erogazione della formazione, ma anche nei contenuti, nelle competenze richieste e nell’accessibilità ai percorsi formativi. La tecnologia ha reso possibile offrire formazione sia in modalità sincrona (in diretta, con la partecipazione simultanea di formatori e discenti) sia asincrona (attraverso moduli registrati che i partecipanti possono seguire in base ai propri tempi). Come già accennato, questa flessibilità ha permesso a chi lavora di organizzare la propria formazione in funzione degli impegni quotidiani, facilitando un apprendimento più personalizzato. Le tecnologie digitali hanno inoltre aperto la strada a nuovi metodi di apprendimento, come la formazione esperienziale e la gamification. Attraverso simulazioni, realtà virtuale e aumentata, i lavoratori possono acquisire competenze pratiche in ambienti sicuri e controllati. Questi approcci rendono la formazione più coinvolgente e interattiva, migliorando l’efficacia dell’apprendimento. La gamification, che applica meccaniche di gioco per incentivare la partecipazione e il completamento dei corsi, si è rivelata un potente strumento per mantenere alto l’interesse e l’engagement dei partecipanti. La tecnologia ha anche favorito l’apprendimento collaborativo. Le piattaforme di formazione digitale integrano spesso strumenti di social learning, che consentono ai partecipanti di collaborare, condividere esperienze e risolvere problemi insieme. Approccio che si rivela particolarmente efficace, perché consente di applicare immediatamente le conoscenze acquisite nel contesto lavorativo. Forum, chat, lavagne virtuali e spazi per la condivisione delle risorse sono diventati strumenti comuni all’interno delle piattaforme di e-learning, facilitando la collaborazione e la crescita professionale collettiva. Il nuovo scenario tecnologico ha poi accelerato un più ampio cambiamento culturale: la consapevolezza che la formazione continua non è più una scelta facoltativa, ma una necessità per restare competitivi e rilevanti nel mercato del lavoro. Con l’evoluzione rapida delle tecnologie, i lavoratori devono essere pronti ad aggiornare costantemente le proprie competenze. Ciò ha promosso una mentalità di apprendimento continuo all’interno delle organizzazioni, che vedono nella formazione continua un investimento strategico a lungo termine».

Contemporaneamente allo smart working, e soltanto in parte per gli stessi motivi, s’è diffuso il fenomeno della «grande rinuncia», cioè l’allontanamento di moltissimi giovani dal lavoro dipendente che per le generazioni precedenti aveva costituito invece un obiettivo da perseguire. Secondo lei quali sono le conseguenze di questo fenomeno e come va affrontato il nuovo scenario?

«Il fenomeno della “grande rinuncia” (o “great resignation”) ha visto un numero significativo di giovani abbandonare il lavoro dipendente, rompendo con la visione tradizionale delle generazioni precedenti, che consideravano la stabilità lavorativa un obiettivo primario. Le cause di questo fenomeno sono molteplici e complesse, ma le sue conseguenze stanno trasformando profondamente il mercato del lavoro. Al netto degli eccessi mediatici, credo che la “grande rinuncia” evidenzi una difficoltà nel trovare motivazioni continuative rispetto al lavoro: questa è, da sempre, la grande sfida del lavoro, ossia dare e trovare un senso. I giovani che lasciano il lavoro dipendente lo fanno spesso perché non trovano più soddisfazione nelle strutture lavorative tradizionali. Le nuove generazioni danno maggiore importanza a fattori come il benessere personale, l’equilibrio tra vita privata e lavoro, la flessibilità e la realizzazione professionale, piuttosto che alla sicurezza economica e alla stabilità del posto di lavoro. Ciò ha costretto molte aziende a ripensare la gestione dei dipendenti, mettendo al centro delle loro politiche il miglioramento delle condizioni lavorative, la creazione di ambienti più flessibili e la promozione della crescita professionale interna».

Negli ultimi anni le aziende che aderiscono a Fondimpresa e i lavoratori coinvolti sono aumentati progressivamente. Questo indica una maggiore sensibilità verso la formazione continua?

«Sì, l’aumento progressivo di aziende e lavoratori aderenti a Fondimpresa riflette chiaramente una crescente consapevolezza dell’importanza della formazione continua. Questo fenomeno è frutto di diversi fattori che, negli ultimi anni, hanno reso la formazione una priorità strategica sia per le aziende che per i lavoratori. Da un lato, il contesto economico e tecnologico in continua evoluzione ha evidenziato la necessità di aggiornare costantemente le competenze. Le aziende si trovano a fronteggiare sfide sempre più complesse, come la digitalizzazione, la globalizzazione e l’automazione, che richiedono competenze sempre più specializzate. Dall’altro, l’ottimizzazione della trasformazione digitale, in particolare durante e dopo la pandemia, ha spinto le aziende a potenziare le competenze dei propri dipendenti in settori come l’uso di tecnologie digitali, l’automazione dei processi e la gestione delle piattaforme in linea. La crescente sensibilità verso la formazione continua è legata proprio alla consapevolezza che la forza lavoro deve essere costantemente preparata per affrontare queste nuove sfide. Fondimpresa ha svolto un ruolo cruciale nel promuovere questa maggiore consapevolezza, offrendo un sistema efficiente per finanziare la formazione continua e fungendo da ponte tra le esigenze delle aziende e quelle dei lavoratori. Questo trend conferma che la formazione non è più considerata un’opzione accessoria, ma un elemento fondamentale per affrontare le sfide del presente e del futuro». 

Al di là dei positivi dati numerici, ritiene che la formazione si stia evolvendo in modo da affrontare in modo più efficace i problemi delle aziende, delle piccole aziende e dei lavoratori? 

«La domanda sottolinea non solo l’evoluzione della formazione, ma anche la sua capacità di affrontare in modo efficace le problematiche specifiche delle imprese, in particolare delle piccole aziende, e dei lavoratori. Ritengo che la formazione, da “ruota di scorta”, stia diventando sempre più un supporto essenziale per le imprese. Oltre ai dati che evidenziano un aumento nella partecipazione alla formazione continua, è fondamentale verificare se questi interventi rispondono realmente alle esigenze concrete delle aziende e dei loro dipendenti. La formazione si sta trasformando per diventare più flessibile e adattabile alle esigenze specifiche delle imprese. Tuttavia, nonostante questi sviluppi positivi, permangono sfide che la formazione deve affrontare per rispondere in modo ancora più efficace ai bisogni delle aziende e dei lavoratori».

Esiste un riscontro dell’efficacia della formazione, sia come investimento strategico da parte delle aziende sia come strumento di miglioramento del benessere personale di chi opera in azienda?

«La valutazione dell’efficacia della formazione è una vexata quaestio, poiché, se ci basassimo sulla soddisfazione del cliente, ci troveremmo di fronte a una pluralità di “clienti”: l’azienda, il lavoratore, il certificatore e il finanziatore. Noi, attraverso il meccanismo dei monitoraggi valutativi, cerchiamo di diffondere le migliori pratiche, ritenendo che sia il modo migliore per dimostrare l’efficacia della formazione. Il tema riguarda senza dubbio la formazione come investimento strategico per le aziende e come strumento per migliorare il benessere dei lavoratori. In questo senso, si tocca un aspetto cruciale nella gestione delle risorse umane e nello sviluppo organizzativo, collocando la formazione continua tra gli investimenti più rilevanti per le imprese. Pertanto, il suo impatto deve essere misurato su più livelli: dal miglioramento delle competenze e della produttività all’adattabilità e innovazione; dalla fidelizzazione e attrazione dei talenti all’efficienza operativa e alla riduzione dei costi. Dal punto di vista del lavoratore, la formazione non rappresenta solo un’opportunità per acquisire nuove competenze, è anche un mezzo per migliorare il benessere personale, la crescita professionale, l’autostima, la sicurezza lavorativa e l’equilibrio tra vita privata e lavoro. Nonostante i numerosi benefici, misurare l’efficacia della formazione non è sempre semplice. I risultati di un percorso formativo possono essere difficili da quantificare immediatamente, specialmente quando si tratta di competenze trasversali o del benessere personale. Le aziende devono quindi implementare sistemi di valutazione più avanzati, in grado di monitorare l’impatto della formazione sia in termini di produttività che di soddisfazione e benessere del personale. Un metodo efficace è il monitoraggio continuo delle competenze acquisite e del loro utilizzo nel lavoro quotidiano. Inoltre, meccanismi di feedback regolari da parte dei lavoratori possono fornire preziose indicazioni su come la formazione stia migliorando il loro benessere e la loro crescita professionale».

Fondimpresa nasce da un patto tra aziende e sindacati, quindi ha l’obiettivo di coniugare gli interessi di tutti gli stakeholder. Secondo lei in quale modo si può creare un ambiente di apprendimento collaborativo che contribuisca a migliorare le attività promosse da Fondimpresa e quali potrebbero essere le aree di miglioramento?

«L’intuizione di Confindustria, Cgil, Cisl e Uil di trent’anni fa ha rivoluzionato la storia della formazione continua finanziata in questo Paese. Oggi, una delle principali sfide è migliorare il contesto normativo e culturale in cui si inserisce la formazione. Fondimpresa svolge un ruolo cruciale nel creare un terreno comune dove le esigenze di formazione dei lavoratori e le necessità di crescita delle aziende si incontrano, favorendo un’evoluzione armoniosa del mercato del lavoro. Ma come si può promuovere ulteriormente questo ambiente di apprendimento collaborativo? Un ambiente di apprendimento collaborativo può essere sviluppato attraverso diverse strategie. Innanzitutto, è fondamentale il coinvolgimento attivo degli stakeholder, creando tavoli di lavoro comuni in cui le esigenze di tutte le parti coinvolte siano ascoltate e integrate nei programmi formativi. Questi tavoli dovrebbero essere luoghi di confronto e scambio continuo, per garantire che la formazione rimanga sempre pertinente e aggiornata rispetto alle sfide del mercato. Una sperimentazione molto interessante è stata avviata con il progetto Net Forum, da noi finanziato nell’ambito dei Progetti propedeutici di promozione della cultura della formazione continua e la conoscenza delle attività di Fondimpresa. Questo progetto enfatizza lo sviluppo di un dialogo costruttivo tra gli stakeholder con un ottimo dosaggio tra workshop in presenza, laboratori on line e confronto tra pari in asincrono, con l’uso di tecnologie collaborative. Il progetto sta facilitando lo sviluppo di un ambiente di apprendimento inclusivo, in cui la condivisione delle conoscenze e delle esperienze avviene in modo più dinamico e accessibile. In conclusione, la chiave per migliorare le attività promosse da Fondimpresa è la costruzione di un sistema di apprendimento aperto, collaborativo e flessibile, capace di adattarsi rapidamente ai mutamenti del mondo del lavoro. Le tecnologie digitali, la personalizzazione della formazione e il coinvolgimento attivo di tutti gli attori interessati sono elementi fondamentali per garantire il successo a lungo termine della formazione continua».

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